Le rotazioni negli sport, spiegate dalla fisica
Tempo di lettura: 4 minutiCos’hanno in comune una piroetta, un tuffo con salto mortale e una gara di ciclismo? Si fondano tutti su un principio cardine della fisica, la conservazione del momento angolare.
Senza spaventare nessuno, questo articolo spiegherà un pochino le basi per capire questo concetto e applicarlo ai gesti sportivi più disparati, magari per migliorarli e divertirti ancora di più.
Che cos’è il momento angolare
Nonostante il nome un po’ astruso (si sa, a volte gli scienziati peccano di fantasia…), il momento angolare non deve spaventarci: semplicemente, quantifica la rotazione di un corpo. Prendi una trottola: quando gira su se stessa, ma non si muove dalla piastrella dove l’abbiamo lanciata, non possiamo dire che sta ferma: non avanza, ma ha una forte componente rotatoria. Il momento angolare misura esattamente “quanto ruota”.
Ci sono due elementi fondamentali che caratterizzano il momento angolare: la velocità di rotazione (quanto in fretta la trottola gira) e la distanza dal perno di rotazione (per una trottola, dipende da quanto è larga, perché ciò che conta è la distanza tra il bordo e il perno della trottola stessa). Il momento angolare è dato dalla combinazione di queste due cose, oltre alla massa del corpo stesso.
Se temi di esserti persa, non ti preoccupare! Tutto questo panegirico si può riassumere più semplicemente in: ho un corpo che ruota: quanto è stato difficile metterlo in rotazione (caratteristica legata a massa e distanza dal perno)? E quanto velocemente sta ruotando ora? Metti assieme queste due cose, e ottieni il momento angolare.
Detto così, potrebbe sembrare un modo inutilmente convoluto per descrivere una cosa intuitiva: è difficile far girare velocemente dei corpi grossi e pesanti. Esiste però una proprietà molto utile che rende il momento angolare più simpatico: esso viene conservato.
“Conservazione del momento angolare” significa che, anche se il corpo cambia configurazione mentre ruota, il suo momento angolare non cambia. Conseguenza: se la distanza dal perno aumenta, la velocità di rotazione deve diminuire, così che il momento angolare complessivo rimanga invariato. Cosa significa, in pratica? Che per cambiare la velocità di rotazione di qualcosa, non dobbiamo per forza accelerarlo o dargli dei colpi, ma basta restringerlo o allargarlo. Su questa caratteristica si basano i vari gesti sportivi menzionati prima: andiamo quindi a vederli uno ad uno, abbandonando le elucubrazioni teoriche per qualcosa di più terra-terra.
Piroette e pattinaggio artistico
Gli atleti sfruttano la conservazione del momento angolare per variare la velocità delle piroette. Nel pattinaggio si vede particoarmente bene: la pattinatrice inizia a roteare tenendo le braccia larghe, poi le stringe al corpo e inizia a roteare sempre più velocemente. Com’è possibile? Non sta accelerando spingendo sui pattini, ma modifica la distanza tra le braccia e il fulcro della rotazione. Se diminuisce la distanza, per conservare il momento angolare l’unica opzione è aumentare la velocità di rotazione. Ed ecco che, come per magia, la pattinatrice piroetta sempre più in fretta, senza fare fatica.
Tuffi e volteggi
Nel tuffo con salto mortale si applica lo stesso principio, ruotando in avanti anziché attorno al proprio asse. Dopo la spinta del trampolino, il tuffatore si acquatta su se stesso, diminuendo la distanza degli arti dal centro di rotazione e aumentando la velocità, riuscendo quindi ad eseguire salti mortali multipli prima di entrare elegantemente in acqua.
Invece, per il tuffo carpiato si applica lo stesso principio delle piroette: si trasferisce l’impulso alla rotazione laterale, le braccia aderiscono al corpo e la velocità di esecuzione aumenta e permette mille evoluzioni in aria.
Per i volteggi sulle sbarre (parallele o asimmetriche che siano) si applicano gli stessi principi: quando il corpo si distende, a parità di spinta gira a velocità minore, mentre acquista velocità rotazionale quando si accuccia.
Stabilità della bici
Arriviamo infine al ciclismo. Qui il discorso sembra prendere strade completamente diverse: d’altronde mica facciamo piroette mentre andiamo in bici, o no (escludiamo il freestyle per un momento, considerando solo il classico ciclismo su strada)? Invece, l’amico momento angolare interviene anche qui, aiutando a stabilizzare la bicicletta.
Vi siete mai chieste perché una bici sta in piedi nonostante abbia due ruote, e sia estremamente più facile tenere l’equilibrio quando acquistiamo velocità pedalando?
La fisica della bici deve tenere conto di vari fattori. Innanzitutto c’è una questione di puro equilibrio: anche da ferme, si può rimanere in verticale semplicemente bilanciando col corpo la tendenza a cadere; mentre si va, diventa istintivo dare piccoli “colpetti” di aggiustamento spostando il peso del corpo da una parte e dall’altra.
Poi c’è una componente di inerzia, ossia la tendenza di un corpo a non alterare il proprio stato di moto a meno di perturbazioni esterne. Ossia: finché la bici va, lasciala andare, soprattutto se ha un manubrio piuttosto largo che equilibra in maniera simile alle aste degli equilibristi. Per inciso: questo è il motivo per cui le mountain bike hanno quei bei manubri ampi: per migliorare la stabilità, magari a discapito della manovrabilità.
Infine c’è una caratteristica legata al momento angolare: l’effetto giroscopio. Questo effetto dice che, finché un corpo è in rotazione, tenderà a non variare la posizione del proprio asse, con una “forza” proporzionale alla quantità di moto. Ci sono su YouTube dei video incredibili, in cui una ruota che gira continua a farlo inclinata nella stessa maniera, anche se subisce botte o viene lasciata libera nella Stazione Spaziale Internazionale senza gravità (!).
Dato che le ruote della bicicletta hanno come asse i mozzi, che sono paralleli al terreno, tendono a ruotare nella direzione desiderata; e più andiamo veloci, più sarà difficile piegare la bicicletta perché l’effetto giroscopio tenderà a mantenere le ruote perpendicolari al terreno. Questo effetto si nota ancora di più con le ruote grandi, che quindi rendono più stabili la passeggiata in bicicletta. Questo spiega anche il design dei vecchi velocipedi: dato che andavano lenti, montavano ruote grosse (e scomode). Il caso estremo di questo discorso è dato dalle gare di motociclismo, in cui i piloti devono spalmare il corpo quasi sull’asfalto per piegare la moto.
Ed ecco come piroette, tuffi, biciclette e compagnia sono tutti accumunati da una semplice proprietà fisica: sai pensare ad altri esempi collegati?
Bibliografia
[1] Mazzoldi P., Nigro M., Voci C., “Fisica”, Edides (1998)
[2] Kooijman, J. D. G., et al. “A bicycle can be self-stable without gyroscopic or caster effects.” Science 332.6027 (2011): 339-342.
[3] Jones, David EH. “The stability of the bicycle.” Physics today 23.4 (1970): 34-40.
[4] Hamill, Joseph, Mark D. Ricard, and Dennis M. Golden. “Angular momentum in multiple rotation nontwisting platform dives.” Journal of Applied Biomechanics 2.2 (1986): 78-87.